Educare al rispetto: consigli pratici
A cura di Francesco Longobardi
In una società sempre più individualista in cui il valore della persona è dato dalla sua fama sui social network, non è sempre possibile stabilire dei canoni etici che non risentano del progresso e dello scorrere del tempo. In barba alla teoria della relatività del tempo proposta da Einstein, l’impressione comune è che la vita scorra molto più in fretta oggi rispetto al passato. Se per i genitori si tratta di un continuo districarsi tra gli impegni quotidiani, per i bambini la sfida è molto più grande: far combaciare il loro piccolo mondo con quello degli adulti.
Se fino a qualche decennio fa i bambini avevano bisogno di correre negli spazi verdi, oggi si chiede loro di sviluppare competenze tecnologiche, linguistiche e atletiche di elevato livello. Il cervello dei bambini fino a sette anni è particolarmente plastico e questo li rende molto più propensi all’apprendimento rispetto agli adulti.
È quindi importante sfruttare questi anni d’oro, ma preoccupandoci delle tante competenze da stimolare non stiamo forse tralasciando qualcosa?
Negli ultimi quindici anni i disturbi psichici dei bambini e degli adolescenti sono aumentati a livelli impressionanti: 1 bambino su 5 ha problemi di salute mentale e la depressione negli adolescenti può devastare fino al suicidio, fenomeno aumentato del 200% tra i 10 e i 14 anni.
Genitori distratti, figli ribelli
L’uso della tecnologia da parte degli adulti disturba in maniera rilevante il rapporto genitori-figli determinando un aumento di iperattività e frustrazione nei bambini che si sentono rifiutati e declassati.
Distratti, assenti e spesso deboli, i genitori non riescono a fornire ai figli limiti ben definiti e linee guida. Non sono più punti di riferimento e figure autorevoli sulle quali contare: il bisogno di colmare queste lacune si riflette in un eccesso di permissivismo che trasferisce nei bambini l’idea che ogni cosa sia permessa. Anche rimpinzarli di regali è un riflesso inconscio del senso di inadeguatezza all’educazione che i genitori tentano di colmare mettendo a tacere i figli con un semplice “sì”.
Cosa fare
Innanzitutto ricordiamo sempre che il rapporto genitori-figli non è un rapporto alla pari. Permettere ai figli di rispondere nello stesso modo con il quale noi ci rivolgiamo a loro, provoca uno scambio di ruoli in cui il bambino/ragazzo cerca di prendere il sopravvento. Una volta riuscito nell’intento, il genitore avrà perso ogni autorità e ogni sua parola sarà ignorata.
Per questi motivi è importante dire “no” sin dai primi mesi di vita del bambino. Un no che non equivale a un’alienazione dei suoi diritti ma aiuta a costruire delle basi ben definite di limiti oltre i quali il bambino non deve andare.
I “no” devono essere motivati e rigidi: dopo un divieto è fondamentale non ritornare sui propri passi oppure il bambino capirà che il “no” del genitore è soltanto un temporeggiamento.
Facciamo comprendere fin da subito che il genitore non è un amico: è una persona sulla quale poter contare in qualsiasi momento ma a cui bisogna rivolgersi con il dovuto rispetto. Il linguaggio confidenziale che travalica le barriere è riservato agli amici, non ai genitori.
Sforziamoci di essere emotivamente presenti: dialogare tanto con i propri figli confrontandosi su ogni aspetto della vita, soprattutto quello comportamentale, aiuta a instaurare una relazione di fiducia che durerà nel tempo. È importante che i bambini si rendano conto sin da piccoli che le loro azioni hanno delle conseguenze. Anche le punizioni perdono significato se non c’è dietro una spiegazione dei comportamenti che hanno indotto i genitori a formularle.
Rafforziamo il legame attraverso piccoli gesti quotidiani che i bambini apprezzano moltissimo: sorridere, abbracciarli, leggere un libro, giocare insieme, guardare un cartone animato. Ci sorprenderemo nel riconoscere quanta complicità è in grado di nascere in queste circostanze.
Senso di responsabilità: questo sconosciuto
Capacissimi di districarsi nel mare magnum delle nuove tecnologie, i bambini di oggi non sono in grado di portare a termine impegni con costanza se non pressati dai genitori.
Nell’era del “tutto mi è dovuto” i giovani di oggi non offrono il loro aiuto in famiglia, non collaborano, non conoscono il senso del dovere. Concedere quanto chiedono pur di non suscitare in loro rabbia e frustrazione equivale a svolgere ogni lavoro senza disturbarli.
Questo non permette loro di comprendere il valore della fatica, dell’impegno e del fallimento. Aiutarli anche quando non lo richiedono, rimpinzarli di consigli e regole li rende incapaci di mettersi alla prova.
Cosa fare
Insegniamo ai figli a prendersi la responsabilità di ciò che dicono e fanno, lasciamo che risolvano i conflitti con gli amici senza intervenire.
Non difendiamoli dal fallimento ma facciamo comprendere loro che sbagliare è un’opportunità per scoprire i propri errori e imparare a fare meglio.
Non colpevolizziamoli se sbagliano, ma aiutiamoli a comprendere le conseguenze delle azioni e delle parole. “Se il tuo amico ti avesse fatto ciò che hai fatto tu a lui?”
Non prepariamo lo zaino al posto loro, non portiamoglielo, non riportiamo a scuola cose che dimenticano, non sbucciamo la banana ai bimbi di cinque anni. Insegniamo piuttosto ad aver cura delle loro cose, rifarsi il letto, prepararsi la merenda.
Assegniamo ai bambini piccoli compiti domestici: impareranno ad apprezzare il nostro lavoro e si sentiranno più responsabili.
Vita equilibrata: alimentazione, sonno e movimento all’aria aperta
Seguire un’alimentazione sana è importante non solo per contrastare il fenomeno sempre più allarmante dell’obesità infantile, ma anche per trasmettere ai bambini un senso di responsabilità verso la cura di se stessi e della propria salute. Abituarli sin da piccoli a bilanciare tutti gli alimenti preferendo quelli sani è il compito a cui spesso i genitori si sottraggono per mancanza di tempo (e spesso anche di voglia): è molto più semplice aprire una merendina che sbucciare, lavare e tagliare a fette un frutto.
Altro aspetto importante è assicurare ai bambini e ai ragazzi un numero adeguato di ore di sonno. Oltre a farci sentire carichi e riposati, il sonno regola importanti funzioni biologiche: consolidamento dei ricordi e dell’apprendimento, rafforzamento delle difese immunitarie, regolazione della temperatura corporea e dell’orologio interno, recupero energetico e pulizia del cervello dalle tossine. Un importante studio ha evidenziato che ridurre il tempo del sonnellino nei bambini provoca un aumento del consumo di calorie del 20% in un solo giorno. Ne ho parlato qui: dormire poco, rischio di obesità nei bambini.
L’uso di dispositivi elettronici spesso disturba il sonno e costringe i bambini e gli adolescenti a una vita sedentaria riducendo il movimento fisico di cui hanno invece bisogno.
Cosa fare
Non acquistiamo merendine preconfezionate ma ritorniamo ai dolci fatti in casa. Insegniamo ai bambini a consumare cinque volte al giorno frutta e verdura e bere molto. Un’impresa ardua? Qui trovate consigli pratici per abituarli a un’alimentazione corretta senza sforzo: 7 consigli per far amare frutta e verdura ai bambini.
Assicuriamoci che i bambini dormano per il tempo necessario secondo la loro età e soprattutto senza dispositivi elettronici in camera.
Trascorriamo almeno un’ora al giorno in uno spazio verde: non è necessario impegnare i bambini in attività fisiche programmate quanto invece permettere loro di muoversi in completa libertà tutti i giorni.
Nella vita del bambino la noia ha il suo valore
La vita frenetica di oggi e l’uso delle nuove tecnologie hanno improntato le giornate dei più giovani a un eccesso di stimolazioni che riducono a zero i tempi morti.
La creatività stimola lo sviluppo di importanti aree cerebrali che permetteranno ai bambini, una volta adulti, di sfruttarle nel problem solving.
Affidarsi invece alle nuove tecnologie fa sì che il cervello dei bambini sia continuamente sottoposto a elaborazioni analitiche. Senza considerare che avere sempre la testa su uno smartphone o un tablet riduce l’interazione sociale (soprattutto nei ragazzi) determinando un maggiore isolamento e la creazione di un Io virtuale che finisce con l’essere a suo agio solo dietro la falsa protezione di uno schermo.
La creatività stimola lo sviluppo di importanti aree cerebrali che permetteranno ai bambini, una volta adulti, di sfruttarle nel problem solving.
Affidarsi invece alle nuove tecnologie fa sì che il cervello dei bambini sia continuamente sottoposto a elaborazioni analitiche. Senza considerare che avere sempre la testa su uno smartphone o un tablet riduce l’interazione sociale (soprattutto nei ragazzi) determinando un maggiore isolamento e la creazione di un Io virtuale che finisce con l’essere a suo agio solo dietro la falsa protezione di uno schermo. “Occorre fare dei cambiamenti nella vita dei nostri bambini prima che un’intera generazione vada sotto farmaci. Non è ancora troppo tardi, ma presto potrebbe esserlo”